Salve a tutti, mi spiace non parlare di tecnologia nuovamente ma a volte si ha necessità di scrivere per riflettere. Dato che l’infrastruttura (un paio di pod :D) di DevOpsTRibe ha dei costi, cerco di efficientare usando il blog come secchio di un flusso di coscienza ponderato su temi lavorativi anche non prettamente tecnici. Mi viene in mente un pezzo di Boris “tu chiamala trasmissione del pensiero, chiamala empatia, chiamala telepatia, …”

Perchè porsi tale problema

Credo sia importante porsi delle domande e tirare delle somme della propria carriera lavorativa, ma non in quanto si è fortemente focalizzati sul proprio lavoro, ma semplicemente perchè esso occupa una fetta molto ampia del nostro tempo e siccome il nostro tempo è sacro, è doveroso porsi alcuni interrogativi. Uno dei testi filosofici più belli e semplici, a mio avviso, sono le Lettere a Lucilio di Seneca. Nella lettera “L’uso del tempo” parla proprio di come esso sia un bene, anzi l’unico bene, che nessuno può restituirti, pur disponendo di qualsiasi risorsa.

Ok, forse se ti mettessero in un rack come Johnny Depp sì, ma non è questo il caso…

Il dubbio di essere stati monoculi in terra caecorum

Inizio dicendo che esistono abitanti di questa “terra” ipotetica consapevoli di vedere, non cosapevoli o spinti a non vedere. Il nostro sistema di riferimento è il mercato IT in questo caso. Gli altri mercati non li conosco ma forse alcuni aspetti potrebbero essere simili.

Si può non vedere o non aver visto per tantissime ragioni.

  1. Lavoro sbagliato. Purtroppo esiste questa casistica. La difficoltà nel trovare lavoro in Italia ha portato persone a non stare nel loro habitat lavorativo più adatto. Purtroppo è un fatto. Ma non è un problema molto grave a mio parere. Nella vita bisogna adattarsi per arrivare la fine unico: la pagnotta.
  2. I tuoi superiori non ti hanno aiutato a vedere bene o non hai accettato una guida.
  3. Non hai avuto la forza di volontà necessaria per iniziare a vedere.
  4. Le mansioni richieste sono proprio il non vedere 😀

Altro aspetto del sistema di riferimento che prenderemo in esame riguarda la complessità del proprio lavoro. Intendo proprio la relazione con il prodotto o il servizio offerto.

Quanto è complesso il proprio lavoro è una metrica fondamentale per capire se si è stati monoculi o meno. Un altro aspetto è quello della crescita che ti porta a sentirti monoculo, ma in realtà vai solo col pilota automatico.

L’analisi di questi valori, ovvero il rapporto con tutti gli stackholder e i loro skill, la complessità del lavoro e l’esperienza accumulata possono aiutare a trovare un risultato in grado di chiarire il dubbio oggetto di querto articolo.

Il risultato di tale analisi non è necessariamente volto ad una critica di come si è speso il proprio tempo. Gli esiti sono molteplici:

  • Ci si è sentiti soddisfatti come i giocatori nel film Rounders che giocano nei casinò “facili” al posto di giocare contro Teddy Kgb.
  • Si prende atto di aver fatto un lavoro non troppo complesso, ma va bene così.
  • Ci si rende conto che il lavoro è stato complesso, ma dopo parecchi anni lo vedi semplicemente più facile perchè conosci il kung-fu.
  • Ti rendi conto che nella vita avevi bisogno di confrontarti con Teddy Kgb, non per affermare te stesso, semplicemente per usare di più il cervello.
  • Ti convinci che sono problemi inutili, e diventi il maestro zen che ignora come passa 8 ore al giorno.

In sostanza, credo che analizzare questo aspetto sia molto importante per aggiustare il tiro e capire se sì è sbilanciati troppo sul lavoro o no.

No sense o tema filosofico utile?

In conclusione sarò molto democristiano. Credo che siano vere entrambe le cose perchè sono effetto della propria stima di bilanciamento tra vita privata e lavorativa, volta a supportare il carico delle proprie aspettative.

Per me è un tema molto utile su cui ragionare non per obiettivi economici o di carriera, ma semplicemente per il discorso sul tempo fatto prima.

Le soddisfazioni che ti rendono completo credo fortemente che non siano solo relative al lavoro. Consiglio a tutti di ragionare su questo aspetto in quanto è un ambito che copre tanto tempo, ma non tutto il tempo. Sforzarsi di capire se altri ambiti di vita non lavorativi siano giustamente alimentati credo sia un esercizio fondamentale da svolgere.

Oltre a questo aspetto torno all’inizio della questione. Dato che per me è un tema filosofico utile mi domando “sono stato un moculo in terra caecorum?”. La risposta è no perchè per me “lavoro” identifica anche il tempo in cui si seguono le community, i progetti open source, i riferimenti negli ambiti tecnologici che più ci piacciono e che ci portano a studiare oltre. La vera sfida, per me, è potenziare il più possibile il senso critico delle cose e contrappormi all’attrazione gravitazionale del lavoro, ma mantenendo tutto in equilibrio.

Quindi cosa dire a chi si può sentire così? Credo semplicemente il sistema di riferimento è sbagliato o troppo piccolo. Se ci si rapporta solo al proprio lavoro inteso come azienda o parco clienti la risposta naturale al “sì mi sono sentito così”, è semplicemente “perchè non hai cambiato lavoro?” o “hai provato ad alzare il livello generale cambiando le cose e aiutando gli altri a crescere?”.

La conclusione di questo articolo è quindi dedicata a chi si è sentito appunto un moculo in terra caecorum.

Un consiglio utile sarebbe capire se si è semplicemente stati affetti da “hỳbris” oppure estendere il sistema di riferimento. Usare quindi tutta questa energia rapportata al livello generale con il passato per migliorare l’esterno al lavoro… Qualsiasi cosa non per forza in ambito tecnologico.

Se non ci si è sentiti “monoculi in terra caecorum” tanto meglio 😀